La città di Canino le la sua storia

Itinerari e notizie storico-culturali

Nel comprensorio di Canino tutt’oggi si può gustare il genuino “sapore” della natura e ciò non solo attraverso escursioni gastronomiche a base dell’olio extra vergine di oliva prodotto tipico del luogo, ma anche ammirando i paesaggi rurali e le distese di oliveti, oppure visitando l’oasi faunistica e le zone costeggianti il fiume Fiora che divide il territorio di Canino dalla Toscana. Nella zona si possono intraprendere interessanti itinerari turistico-culturali infatti, oltre a quanto offrono le vicinissime Bolsena, Tarquinia e Tuscania, il comprensorio dell’antico Ducato di Castro è ricco di storia e di curiosità delle quali qui di seguito riportiamo sinteticamente alcuni cenni.

La sua origine è collegata alla “gens Caninia” una delle più nobili famiglie dell’Etrusca Vulci; resti di una villa imperiale attestano la presenza romana, ma le prime annotazioni risalgono alla Bolla Pontificia di Papa Leone IV° emessa nel IX° secolo. La cittadina ha dato i natali a Papa Paolo III° Farnese. Nel palazzo, opera dell’architetto Valadier, ha vissuto Luciano Bonaparte, fratello di Napoleone, la cui Cappella di Famiglia si trova nella Chiesa Collegiata della quale si possono ammirare anche tele dell’Albertinelli, del Wicar, di Monaldo, ed alcuni di scuola fiamminga. Altri dipinti e affreschi della scuola del Perugino si trovano nel Convento di San Francesco. A Canino è stata ritrovata la campana di bronzo, più antica e più piccola che si conosca; restaurato di recente nei musei vaticani, questo cimelio di notevole importanza e rarità, è stato fuso nell’VIII° secolo ed è risultato il più antico esemplare di campana con epigrafe dedicatoria. Nel territorio di Canino, zona etrusca di Vulci ai confini con la Toscana, si trova il Museo Nazionale, la Necropoli Etrusca e la Civita; nella zona delle “centocamere” si trovano residui di uno stabilimento termale di epoca romana dove, ancora oggi, sgorgano abbondanti a 39° c. le taumaturgiche acque solfuree del “ Bagno “; a Vulci si possono ammirare il Castello dell’Abbadia (fra i più vecchi d’Italia), una volta usato come dogana Pontificia, e tutte le meraviglie dell’arte etrusca conservate nel museo e ritrovate nelle numerose

Anticamente chiamata “Arleum” nella Bolla Pontificia che costituì il Ducato di Castro. Il primo documento nel quale è citata Arlena risale ad una antica pergamena dell’823 relativa ad una donazione di Walperto di Rofano. Nel 1537 Arlena entrò a far parte del Ducato di Castro, poi il paese subì spopolamenti e, per ordine di Alessandro Farnese, ripopolamenti; nel 1788 Papa Pio VI° la concesse in enfiteusi, successivamente venne venduta al Principe polacco Poniatowski.

Nel territorio sono state ritrovate numerose tombe etrusche, caratteristici sono i resti dell’antica “Rocca” nella parte denominata ”Castelvecchio” all’ingresso del paese.

Anticamente denominata “Cellulae” e “Castrum Cereris”, citata per la prima volta in una pergamena del 737, è stata, all’epoca romana, come fa presumere il nome stesso, un fertile feudo agricolo. Nel 1180 Cellere, insieme a Canino, venne ceduta a Viterbo dall’anti-papa Innocenzo III° seguì, poi, le vicende e le guerre del periodo tra le quali la liberazione di Tuscania con il Cardinale Albornoz, la cessione del Castello alla famiglia Orsini, fino alla distruzione di Casto avvenuto nel 1649, che costituì il ritorno del paese sotto il dominio della Santa Sede.

A Cellere, oltre le terre ubertose, le macchie, i dirupi e le grotte che hanno dato il rifugio per lunghi anni al famoso brigante della Maremma Domenichino Tiburzi “re della strada, re della foresta”, si possono ammirare la Chiesa di Sant’Egidio (di stile rinascimentale) attribuita ad Antonio di Sangallo il giovane e, nella frazione di Pianano a 5 km dal paese, i resti della torre.

Chiamata anticamente “Iscla” oppure “Iscia”, sorge ai confini della Toscana nella zona denominata Maternum dagli antichi etruschi, ma la presenza “dell’homo primigenius” risale all’età della pietra e del bronzo come testimoniano tombe, caverne e reperti archeologici ritrovati in molte località del suo territorio dove vi sono, anche, i ruderi di antichi monasteri del periodo medioevale. Dopo le dominazioni dei Longobardi, degli Aldobrandeschi e degli Orsini, Ischia divenne uno dei primi feudi della famiglia Farnese e successivamente, dopo la distruzione della città di Castro, ritornò sotto il dominio temporale dei papi. Nel 1872, essendosi nel 1870 unita al Regno d’Italia, prese l’attuale nome di Ischia di Castro, con Regio Decreto di Re Vittorio Emanuele II°.

In tempi diversi Ischia ebbe ospiti illustri come Annibal Caro, Carlo Emanuele IV Re di Sardegna, il pittore Francesco Coghetti (alcune sue opere sono conservate nella parrocchia) ed altri personaggi che hanno saputo apprezzare le distese di boschi e di oliveti, il panorama selvaggio ed i resti storici della travagliata esistenza del paese caratterizzato, ancora oggi, dalla gigantesca mole del castello del Palazzo Ducale.

Le prime note del paese risalgono al 1263 quando venne citato come uno dei castelli sotto il domini di Tuscania. Successivamente, nel 1537 sotto i Farnesi, entrò a far parte del Ducato di Casto, poi incamerato nei possedimenti della Santa Sede che lo usò quale dono ai vari Signori del tempo che si susseguirono numerosi.

Singolare ornamento di Tessennano è il verde e pittoresco paesaggio che circonda il paese che, avendo circa 400 abitanti, è uno tra i più piccoli Comuni d’Italia.